recensione su Fiamma Cremisi

Versione adatta alla stampaVersione adatta alla stampacoperinadi Alfredo Terrone

Tratto da Fiamma Cremisi, n. 2/3 (2008), p. 39
   (periodico nazionale della Ass. Naz. Bersaglieri)

Carneade, chi era costui? Questo il personaggio della nota frase che arrovella Don Abbondio nei Promessi Sposi e celoviek è il sostantivo che incuriosisce il lettore leggendo il titolo di questo volume sulla prigionia in Russia sofferta dal Sottotenente dei Bersaglieri Bruno Cecchini - celoviek = un uomo. Un Uomo sì, con la U maiuscola; rimpatriato nel luglio 1946, dopo oltre tre anni e mezzo di prigionia, aveva percorso nell'amministrazione scolastica di Bologna tutta la carriera d'insegnante fino a divenire direttore didattico e concludere la sua onorata carriera con una Medaglia d'Oro conferitagli dal Ministero della Pubblica Istruzione.

Venuto a mancare nel 1999, dopo essere stato per alcuni anni presidente della Sezione bolognese dell'ANB, Cecchini aveva conservato un memoriale dattiloscritto che soltanto ora ha visto la luce grazie alle insistenze sulla vedova, Signora Luisa, del Bersagliere Alessandro Ferioli e del Dr. Carlo Romoli, peraltro suo compagno di prigionia ed Autore delle illustrazioni di copertina.

L'interessante introduzione di Ferioli ripercorre con un'attenta disanima la storia del 3° Bersaglieri in terra di Russia con la Divisione Celere Principe Amedeo Duca d'Aosta e succintamente, ma con grande aderenza agli avvenimenti, narra le vicende dell'avanzata italo-tedesca, i combattimenti sul fiume Dnjeper, a Gorlowka e Rykowo fino alla battaglia di Natale del 1941 per poi proseguire, sulla base di una vasta documentazione bibliografica - oltre ottanta le note - alla descrizione della rapida marcia verso il Don, prima con il CSIR, poi con l'ARMIR fino alla metà di novembre del 1942 ed all'offensiva sovietica denominata "Piccolo Saturno" che coinvolse e si abbattè sulla linea del fronte tenuto dalla Celere.

Nel Diario si susseguono le citazioni di tante località russe: Ivanovka, Millerovo, Voroscilovgrad, il Donez, Serafimomovich fino al ripiegamento ed alla sua cattura, ma le memorie del nostro Celoviek bersagliere si riferiscono in particolare alla battaglia più sanguinosa sostenuta dal 3°, quella per la conquista del villaggio di Meskov e alla perdita di oltre il 70% degli effettivi; i resti, sopraffatti nel tentativo di raggiungere Kalmikov e catturati vennero incolonnati ed avviati a piedi verso i Lager di Stalin. Si legga a proposito il capitoletto: "20 dicembre l'assalto alle linee nemiche a Meskov e la ritirata su Kolovalov-Kalmikov" (pag. 37) e quello successivo "Prigioniero dell'Armata Rossa", con lo spassoso riferimento al mongolo che lo perquisisce rinvenendo una ...pila tascabile e quello relativo alla cattura delle cornacchie e dei topolini, la fame era tanta! Il Cecchini, internato nel campo 160 di Suzdal, riservato agli ufficiali di tutte le nazionalità, descrive minutamente la vita dei prigionieri, segnata da freddo, fame, malattie e anche e soprattutto dalla fitta azione dei propagandisti politici sovietici e ...italiani! tesa a convincere i prigionieri ad aderire al comunismo.

Cecchini fu uno dei molti ed irriducibili ufficiali (vds. pag. 143) ed il suo Diario descrive la propaganda nei campi sovietici, non limitata a combattere il regime fascista, ma ad infierire contro il sistema occidentale, contro la democrazia, il capitalismo e la religione per persuadere i prigionieri che solo il comunismo avrebbe garantito a tutti la libertà, l'eguaglianza ed il benessere materiale e spirituale.

I suoi ricordi sono permeati dal senso di solidarietà e di generosa dedizione tra compagni di sventura duramente provati dal freddo, dalla fame, dalla sete, dalle malattie, dalle lunghe marce a 40 sottozero e dalla resistenza alla propaganda.

Non privo di qualità letterarie il Diario si sofferma sugli ultimi giorni di prigionia, quelli antecedenti al rimpatrio, al 25 aprile del 1946 e alla partenza per Odessa, la tappa a Sighet e la beffa sofferta da una cinquantina di ufficiali, forse perché i più recalcitranti alla propaganda sovietica e fra questi molti nomi noti quali: Salvatore Pontieri, Don Enelio Franzoni, Corcione Domenico, lo stesso Cecchini, Padre Ganascia alias Michele D'Auria e Don Agostino Bonadeo, Cappellano carismatico dell'Associazione Nazionale Bersaglieri. Furono condannati a sentire, come un incubo, fino al 19 luglio 1946: "davai bistrày davai".