recensione su Fiamma Cremisi /2

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I militari italiani internati nei campi di prigionia del terzo Reich: 1943-1945di Alfredo Terrone
Tratto da Fiamma Cremisi, periodico nazionale della Ass. Naz. Bersaglieri, n. 4/5-2009

Contrariamente a quanto avvenuto per la resistenza, il tema sulla deportazione e l'internamento, in particolare dei militari italiani, è stato quasi per intero appannaggio della memoria e del racconto orale; destinato ad un uditorio non molto vasto e la pubblicistica per lungo tempo ha potuto contare solamente sull'impegno di piccoli editori che non hanno potuto assicurare una vasta diffusione sul mercato e sull'orizzonte storico letterario.

Anche una ricerca, condotta recentemente e mirata ad indagare quale conoscenza dei problemi legati alle persecuzioni razziali avessero gli studenti di diverse scuole in Valle d'Aosta, non ha contemplato alcuna voce relativa agli internati militari italiani; eppure secondo Schreiber il più accreditato storico in materia, furono internati in Germania oltre un milione (1.007.000) militari ai quali fu negato lo status di "prigionieri di guerra" e per volere dello stesso Hitler, denominati Internati.

Internati quindi, una parola che escludeva i nostri militari dall'assistenza degli organismi internazionali ai prigionieri di guerra dopo l'armistizio dell'8 settembre, anche in seguito al negato riconoscimento della dichiarazione di guerra presentata formalmente dal governo italiano il 13 ottobre 1943.

I nostri militari dovettero affrontare diverse ed immani vicissitudini ed è singolare come soltanto a partire dagli anni ottanta la pubblicazione delle loro memorie abbia assunto una dimensione più consistente e bene ha fatto l'Autore di questo volume a presentare alcune opere che nel tempo sono divenute dei classici. Tra gli Autori di primaria importanza ha riportato il saggio di Giovannino Guareschi: La coscienza degli ufficiali italiani internati nei campi di prigionia del Terzo Reich, seguito da una vasta panoramica tratta da Ritorno: giornale degli ex internati militari del campo di Osnabruck - si, perché i deportati italiani si dedicarono in qualità di direttori, opinionisti, vignettisti, grafici, impaginatori ed articolisti alla produzione di una stampa pe-riodica che circolò nei diversi lager germanici con "tirature" perfino di 40/50.000 copie (vds. La voce della Patria) ed anche del Giornale parlato 83 di Wietzendorf che a scadenza settimanale proponeva articoli ed interventi già esposti in forma orale. Altra attività ricreativa a sfondo culturale, ma anche resistenziale, consisteva nel proporre, come ben riferiva il bersagliere Colonnello Pietro Testa "una indimenticabile lettura dantesca che ebbe carattere patriottico e fu appassionatamente eseguita". L'Autore ha quindi riassunto nel capitolo "Medioevo internato" le suggestioni medievali che portarono gli internati, in particolare quelli del campo di Osnabruck, a realizzare un'interessante rivisitazione umoristica della "Divina commedia" della quale lo stesso Ferioli ha riproposto alcune pagine tratte dal suo archivio privato.

A completamento delle notizie riportate nell'interessante volume giova ricordare che un capitolo è dedicato anche Agli internati militari che aderirono alla R.S.I. ed anche ad un oculato ed utile saggio dal titolo: Quale didattica deWinternamento dei militari italiani in Germania? corredato da un' interessante ed acuta Bibliografia ragionata sugli internati militari italiani.

In ultima analisi una riflessione ed un interrogativo: nella memorialistica sugli internati militari italiani compare solo un Bersagliere, sia pure di valore quale il Colonnello Pietro Testa? Nessunaltro?