Fanin, un esempio

Versione adatta alla stampaVersione adatta alla stampavolantinodi Alessandro Colliva

Tratto da Avvenire - Bologna 7 di domenica 24 febbraio 2008

Il giornalista e storico modenese Giovanni Fantozzi, sarà uno dei relatori del Convegno su Fanin di mercoledì 27. Negli ultimi anni ha pubblicato «Vittime dell’odio» nel 1990, sulla violenza nel dopoguerra a Modena, «Monchio 18 marzo 1944» nel 2006, sulla strage commessa dalla Divisione Goering prima della costituzione della Repubblica di Montefiorino.

Quale era la situazione sociopolitica del dopoguerra italiano ?
Le condizioni non potevano essere peggiori: nel 1945 l’Italia era un Paese pressoché distrutto a causa della guerra voluta dal fascismo, con lo strascico drammatico dell’occupazione nazista e del conflitto civile; ma soprattutto viveva una fortissima contrapposizione ideologica tra quanti pensavano di ancorare saldamente il paese all’Occidente e di ricostruirlo sulla base di principi di libertà e di democrazia e quanti, idolatrando Stalin, ritenevano che il suo futuro fosse nell’orbita sovietica. Molti oggi fanno comodo esercizio di amnesia su questo passato ma l’acquisizione definitiva dell’Italia alla democrazia non risale al 25 aprile, data pure fondamentale, ma alle elezioni del 18 aprile 1948 con la vittoria della Democrazia cristiana.

E la ricostruzione in Emilia-Romagna, ma soprattutto nelle nostre terre, il cosiddetto «triangolo rosso» ebbe delle peculiarità?
Tra il ’45 e il ’46 vi furono aree dell’Emilia Romagna di fatto sottratte al controllo dello Stato. Si contarono in quel periodo migliaia di morti. Moltissime persone uccise non c’entravano nulla con il fascismo, addirittura erano antifasciste: si trattava invece di «nemici di classe». A testimoniare la natura di questo odio, anche antireligioso, sono i 20 sacerdoti uccisi nel dopoguerra nella nostra regione, l’ultimo dei quali fu don Pessina, a Correggio, nel giugno del 1946.

Si riuscì ad uscire da questa situazione di strisciante guerra civile ?
Le cose in parte cambiarono nella seconda metà del 1946 quando Scelba rafforzò notevolmente i reparti di polizia nell’area emiliana.

Cosa rappresentò Fanin nel contesto del popolarismo cattolico italiano?
Giuseppe Fanin è un esempio luminoso del sindacalismo cattolico, che al rifiuto della lotta di classe propone un impegno vigoroso per la promozione delle condizioni economiche dei ceti più deboli. Fede ed impegno sociale si fondono in lui in una testimonianza bellissima, che deve essere di riferimento ancora oggi per i cristiani impegnati nella politica e nel sociale. Ed è proprio questo che i suoi assassini non gli perdonarono: la sua tenacia, la sua energia, i risultati che andava conseguendo nelle vertenze bracciantili nel suo ruolo di segretario delle Acli-terra tagliavano loro «l’erba sotto i piedi», dimostrando che un’altra strada era possibile per il riscatto dei lavoratori, non quella dell’odio ma quella del dialogo, non quella della distruzione dell’ordine sociale ma della sua riforma.


Interventi dello storico Fantozzi, di Giovanni Bersani e padre Toschi

L'associazione culturale «Il Mascellaro» organizza un incontro pubblico il 27 alle 20,30 al cinema teatro «G. Fanin» di San Giovanni in Persiceto su «Giuseppe Fanin: fedele a Cristo, martire per la felicità». Interverranno il senatore Giovanni Bersani, padre Tommaso Toschi, francescano e già caposquadra dei «Frati volanti» e Giovanni Fantozzi, storico e giornalista. Sono previsti i saluti introduttivi di Paola Marani, sindaco di San Giovanni in Persiceto, dell’onorevole Fabio Garagnani (Forza Italia), di Francesco Murru, presidente provinciale Acli, di Vincenzo Breviglieri, vice presidente Aemil Banca – Credito Cooperativo e di Virginiangelo Marabini, vice presidente Fondazione Carisbo. Moderatore Stefano Andrini, coordinatore redazionale di Avvenire-Bologna Sette. «La finalità principale dell’incontro è rinnovare la memoria della figura storica del Servo di Dio Giuseppe Fanin, giovane impegnato nell’associazionismo sociale e sindacale cattolico, nel 60° anniversario della sua morte - afferma Gianluca Cheli, presidente de «Il Mascellaro» - L’incontro rappresenta pertanto un occasione di approfondimento del quadro sociale, politico e culturale nazionale e locale, che caratterizzò gli anni successivi alla Liberazione, in particolare il periodo tra il 1945 ed il 1948 durante il quale avvennero numerosi episodi di violenza politica dettata dall’ideologia, purtroppo spesso dimenticati o passati sotto silenzio delle cronache». «L’associazione culturale “Il Mascellaro”, attiva nel territorio comunale - spiega ancora Cheli - si propone di svolgere attività aventi finalità culturali e di utilità sociale, nonché di operare a favore del mantenimento dell’identità e della memoria storica locale e nazionale, mediante la tutela, la promozione e lo studio del patrimonio storico, religioso, sociale, culturale ed artistico».